Iran 2001 - più in giù del Quwait
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il viaggio
10 maggio - Giovedì - Shiraz - Esfahan - 501 km
- caldo e vento forte -
Diario
Oggi inizia il ritorno: ci alziamo di buona ora e dopo una colazione appena sufficiente lasciamo Shiraz per il fresco. Verso le 11 sostiamo per farci un caffè ma desistiamo subito perché siamo attorniati come al solito da iraniani curiosi. Ci fermiamo per il pasto in un ristorante per camionisti dove siamo accolti con simpatia, mangiamo riso, verdure ed un pezzo di un bestione che bolle in una pentola, il tutto ad un buon prezzo. Riprendiamo il viaggio, il vento è forte ed arriviamo a Esfahan per le 15. Andiamo all'hotel Amir Kabir, un ostello con servizi in comune e parcheggio a 500 metri in un cortile chiuso con guardiano. Una rinfrescatina ed andiamo nella piazza principale dove il Merlaccio si fa cambiare il copriletto su cui aveva trovato una macchia. La piazza è piena di famiglie che fanno pic nic sull'erba e prendono il fresco della sera. Andiamo nuovamente a cena al Tac Restaurant dove ci troviamo bene e quindi al Khaju Pol per il te ed una pipata, (l'addetto al fuoco ha l'attaccatura di capelli più bassa del mondo) ma questa volta ci fregano per bene facendoci pagare il triplo e chiedendo anche la mancia che rifiutiamo, vai a capire questi iraniani! A piedi fino al Si o Se Pol e quindi rientro in albergo con un taxi veramente particolare: fanali estirpati e una sola maniglia per due finestrini. All'Amir Habir ci richiedono in modo antipatico i soldi della camera; notare che in precedenza avevamo chiesto per ben tre volte di pagare.
11 maggio - Venerdì - Esfahan - Qazvin 609 km
- coperto, vento e pioggia -
Diario
L'ometto di fatica dell'Amir Kabir è un giocherellone e ci ha fatto diversi scherzi: non ha lavato i vestiti che il Merlaccio gli aveva lasciato in lavanderia e per rovinarci la colazione ci dice che il garage dove abbiamo lasciato le moto è chiuso il venerdì per il giorno di festa. Il Dott. ci casca come un pesciolone e va a controllare a piedi. Finalmente partiamo, il percorso è monotono non ci sono mezzi pesanti ma una miriade di corriere di gitanti per la giornata festiva. Il principale divertimento del Venerdì sembra essere il pic nic lungo la strada all'ombra di alberelli alti mezzo metro. Arriviamo a Teheran: un pasticcio, la strada si allarga a dismisura 5 o 6 corsie per senso di marcia, mezzi lenti in corsia di sorpasso, pedoni che passeggiano, motorini che attraversano, bancarelle di angurie in terza corsia e ometti con cassette di frutta in mezzo alla strada. La velocità non è sostenuta, sui 50 km\h ma macchine e motorini si affiancano e iniziano ad interrogare: Dove vai, da dove vieni, cosa fai, quanto costa la moto. Usciamo da questo labirinto! Ma non è finita dura ancora per altri 50 km oltre Teheran. Ci fermiamo ad un banchetto di banane lungo l'autostrada, e MacCanto rischia grosso: un'auto calcola male i tempi di frenata ed il passeggero apre la portiera fuori tempo buttando tutto all'aria banane comprese, prende una banana e se ne va senza pagare, nell'indifferenza totale anzi un'auto piena di gente si ferma e ci chiedono da dove veniamo e se ne vanno salutandoci. Finalmente arriviamo a Qazvin la città sembra tranquilla, ci sono i semafori e le auto che si fermano al semaforo rosso, sembra tutto in regola persino un vigile all'incrocio. Ci fermiamo e gli chiediamo informazioni sul' Alborz hotel (50 $ suite con colazione): è proprio di fronte a noi 500 m più avanti, ma la strada è a senso unico e noi nella nella direzione opposta. Ed ecco che riemerge lo spirito iraniano, senza scomporsi ci invita a percorrere la via principale contromano, cosa che facciamo ma con qualche timore. Nerissimi a causa degli scarichi delle corriere consumiamo kg di sapone per tornare normali. Usciamo a fare due passi per la città e ceniamo nell'Eghbali Restaurant bene ed a poco prezzo ed il cameriere è anche contento quando il dottore documentatissimo gli chiede la specialità della casa: il khoresht, uno spezzatino di manzo gustosissimo. Rientriamo in albergo e ci tocca anche fare i centralinisti per informare un francese un pò rincoglionito della nascita del nipote Leo. Nonostante le moto in garage MacCanto a corto di preoccupazioni cerca di mettersi in ansia per una R5 sospetta.
12 maggio - Sabato - Qazvin - Dogoubayazit 808 km
- coperto piovaschi -
Diario
Lasciamo Qazvin dopo una buona colazione, e con lo stomaco pieno e lo spirito giusto affrontiamo il tappone dolomitico della vacanza destinazione Dogoubayazit. Dopo qualche km di strada con molto traffico entriamo in autostrada. Le autostrade in Iran sono a pagamento come le nostre e con caselli di accesso. In entrata c'è il divieto di transito per le moto (escluse le nostre e qualche motorino con sopra famiglia al completo che si immette dalle scarpate) ed i mezzi pesanti. Visto l'ottimo stato delle statali sono sempre deserte ed è comprensibile che nessuno voglia pagare il pedaggio! In un area di servizio deserta il benzinaio cerca di fregare MacCanto, che da buon scozzese non transige, e controlla il resto allo spicciolo. Passiamo il paese dei coltelli (Zanjan) e poi facciamo la strada degli asini. Il percorso è piacevole in un susseguirsi di curve ed ondulazioni, è il paradiso del motociclista, ma di moto non se ne vedono. Ad un certo punto veniamo fermati dalla polizia, sembra il solito posto di blocco ed invece ecco la sorpresa: sta transitando il Giro dell'Iran, (foto77kb) i corridori sono tanti ed in gruppo e notiamo alcune biciclette italiane in particolare Pinarello. Approfittiamo della sosta obbligata per uno spuntino al ristorante; errore madornale: è il covo di Alì Babà e dei quaranta ladroni! Paghiamo 80.000 Rs un vero furto, ed usciamo sbattendo la porta, ma Alì è ancora là che riconta i soldi e si lecca i baffi. Arriviamo a Tabriz è la superiamo con una comoda tangenziale passando di fianco al posto dove pranzammo la prima serain Iran. Sulla strada per Maku inizia a piovigginare, i paesaggi sono splendidi con i monti che al tramonto assumono sfumature di tutti i colori. Arriviamo alla frontiera alle 19,30 e troviamo il mitico Mr Hossein che se ne sta andando, ci riconosce ed in 20 minuti ci sbriga tutte le formalità doganali per 5$ a testa e non ci controllano nemmeno i bagagli. Alla frontiera turca ci và peggio: a causa della pausa mensa siamo costretti ad aspettare per un'ora l'arrivo dei funzionari, tra cui la fidanzata di MacCanto, che per nulla contenta del nuovo look Maccantesco, lo rimprovera e gli restituisce l'anello. Usciamo dalla dogana alle 20,40 ora turca e la strada è un vero pasticcio, il merlaccio entra con la moto in una pozza di acqua profonda quasi mezzo metro per fortuna senza conseguenze. Ad un posto di blocco dell'esercito ci fermano per ulteriore accurato controllo con tanto di pila in faccia e agitazione da guerriglia tra i militari. Entriamo in Dogoubayazit che per fortuna conosciamo bene ed è buio pesto: sostiamo all'hotel dell'andata. Usciamo in fretta e furia (MacCanto rinuncia ad una doccia calda invitante) e mangiamo benissimo al Ristorante Gul gestito da due ragazzi e pulitissimo. Prima di tornare in albergo riprendiamo le sane vecchie abitudini comperando una bottiglia di Raki.
13 maggio - Domenica - Dogoubayazit-Tatvan 278 km
- freddo e pioggia -
Diario
Oggi è festa, sveglia comoda quindi facciamo colazione con pane croccante; diamo un'occhiata e vediamo in strada più lustrascarpe che scarpe da lucidare. Rifocillati ci avviamo verso Van percorrendo una strada secondaria più breve che arriva a Muradiye superando il Tendurek Geçidi a quota m. 2644. La strada è molto sorvegliata e viene chiusa dalle 17 alle 8 del mattino. All'imbocco subiamo un primo controllo e quindi all' inizio del passo un controllo successivo con registrazione dei documenti da parte dei militari. Siamo nella zona del PKK, il partito indipendentista curdo e la zona è completamente militarizzata. Al passo per prima cosa riusciamo a chiacchierare amichevolmente con delle ragazze di Van in gita domenicale che vogliono una foto ricordo con noi, quindi uno studente turco che vive negli U.S.A ci conferma la pericolosità della zona invitandoci a non sostare per la notte e indicandoci i fori di alcune pallottole su segnali stradali racconta che nel 1995 il luogo è stato sede di uno scontro durissimo tra forze regolari ed indipendentisti curdi con 5 morti lasciati sul campo. A sentire ciò a MacCanto si drizzano le orecchie ed inizia così quella che negli annali sarà ricordata come la giornata nera del cantoniere. La strada che scende verso il VanGolu è bella e panoramica, superiamo altri posti di blocco ed evitiamo qualche pietra lanciata dai ragazzini. Da segnalare un pastorello sui 5 anni alto mezzo metro che appena ci nota all'uscita di una curva abbandona le pecore, raccoglie una pietra e corre per mettersi in posizione di lancio da dove con sguardo cattivissimo cerca di colpirci. Ultimo controllo dei passaporti in riva al lago di Van e prendiamo la strada costiera a Nord che passa da Ercis. Inizia a piovere e ci fermiamo nella prima locanda sulla destra. Per una modica cifra (7.500.000 TL) ci pappiamo un'ottimo pesce ed una buona insalatina curda e ripartiamo imbacuccati perché inizia a fare freddo. Peccato: piove, i posti sono molto belli ma fermarsi con questo tempo è un pasticcio. Arriviamo a Tatvan, troviamo subito l'hotel Kardelen tripla a 38.000.000 TL e moto in cortile. E qui dopo due ore accade l'incredibile! Il cantoniere dopo averci rimproverati per il disordine dei nostri bagagli, ci chiede dove abbiamo messo il suo casco: fruga in tutti gli angoli, si ferma ,di colpo sbianca ed esce di corsa quasi in mutande. Dopo poco rientra raggiante e bagnato con il casco. L'aveva lasciato sulla moto esposto alle intemperie ed ai ladri. ... Anche i cantonieri possono sbagliare... Ma non è finita qui: prende la guida in mano per studiare il percorso del giorno successivo e legge di motociclisti lapidati da monelli di strada e turisti rapinati. Indossa la basetta triste per tutta la serata e non accetta neanche un dolce che gli offriamo con scuse pretestuose. Riusciremo a recuperarlo? Dormirà stanotte? Sarà lo stesso cantoniere di prima? Cena ottima in una lokanta a 7.500.000.
14 maggio - Lunedì - Tatvan - Nemrut Dagi 406 km
- pioggia coperto -
Diario
Ci svegliamo per le 6,30 piove forte, ci giriamo dall'altra parte. Per le 9 decidiamo di partire, imbottiti al massimo facciamo una ventina di km e nonostante le previsioni di pioggia il cielo si rasserena ed iniziamo a sudare. Da Tatvan la strada inizia a scendere, è la strada delle mucche(un pò magre) e dei carri armati, infatti ogni 5 km c'è una postazione di controllo con uno o più mezzi blindati in assetto di tiro. Ci fermano diverse volte e controllano il passaporto all'inizio e alla fine di ogni strada. Si scende dai 1500 m del Vangolu ai 660 della piana di Dyarbakir, la città dalle mura di basalto nere, e piena di polvere. Appena superiamo la città più temuta della Turchia, il cantoniere riacquista il suo solito colore roseo, smette la basetta triste ed inizia a preoccuparsi delle solite cose. Nei pressi di Siverek ci fermiamo in una lokanta e mangiamo benissimo a base di carne e verdure alla griglia tra mosche capre e asini (8 milioni). Entriamo in Siverek città curda per cercare una banca, tutti gli uomini hanno i pantaloni con il cavallo bassissimo e molti indossano un copricapo viola chiaro. Seguiamo le indicazioni per Bosec e andiamo all'imbarcadero del traghetto sull'Eufrate (2 milioni p.c). Aspettiamo la traversata bevendo te e chiacchierando con due camionisti curdi interessati al motore della moto del merlaccio. La traversata è breve ed il merlaccio viene nuovamente interrogato da tutti i passeggeri in tutte le lingue. Inizia la strada per il Nemrut Dagi, i paesaggi cambiano in continuazione in uno scenario selvaggio, la strada diventa sempre più stretta e quando inizia a diventare pesante per la BMW e per la schiena del guidatore ci fermiamo alla Apollo Pansjon (foto 99 kb) . La cena il pernottamento e la colazione ci costano in tutto 30 milioni compresa la tipica ospitalità curda.
15 maggio - Martedì - Nemrut Dagi - Gocku 340 km
- coperto -
Diario
Passiamo la notte al freddo e al gelo, siamo sui 2000 m. e per sopravvivere andiamo a rubare le coperte nelle altre camere vuote. Ci svegliamo, l'aria è tersa ed è una bellissima giornata, facciamo colazione con ovetto di gallina ruspante e saliamo con due moto al monte. La strada ( 9 km) è tutta lastricata fino alla cima ideale per rovinare la schiena, il canto ed il merlaccio in due lanciano anche qualche maledizione ad Antioco il re della Commagene ideatore del tutto. Ingresso dove la strada finisce 4 milioni p.c. e 500 m in salita per arrivare al sito, a metà strada qualcuno vuole desistere ma sgridato per bene si riprende e si rimette sulla retta via. Paesaggio e rovine di particolare bellezza, all'alba e al tramonto ci assicurano che l'effetto è ancora migliore, ma noi dormiglioni ci accontentiamo.(foto 66 kb) Ritorniamo da Apollo, carichiamo i bagagli e dopo un te di commiato partiamo con direzione Andimayan su strade strette ma con poco traffico. Si segue quindi la direzione Kayseri (Cesarea) e dopo un passo a 1650 m. ci fermiamo all'imbrunire a Gocku dove ci sono due oteli, scegliamo il meno peggio e per 15 milioni dormiamo al freddo e al gelo. MacCanto che detiene il record mondiale delle docce riesce a fare una doccia fredda, il merlaccio invidioso cerca di stargli dietro e riesce anche lui nell'intento ma ne uscirà menomato nel fisico e nella psiche. Il dottore cede le armi e va a dormire unto come una casseruola. Personaggi strani girano intorno alle moto, scopriamo presto che sono poliziotti in borghese venuti a controllarci, il paese è piccolo e la gente mormora.
16 maggio - Mercoledì - Gocku - Urgup 255 km
- coperto con pioggia-
Diario
Ci svegliamo di buona ora, nel bagno ci sono i ghiaccioli, e facciamo la colazione in camera prendendo la grave decisione di abbandonare la nostra mitica cucina compresa la lattina dell'olio di oliva. Siamo in mezzo alle montagne, un'altro passo a 1890 m. fa freddo ed inizia a piovere. La strada scende verso Kayseri una cittadina molto ordinata rispetto agli standard turchi, e spunta anche qualche timido raggio di sole. Doppio bancomat per essere tranquilli (si possono prelevare max 150 milioni a testa) e ci dirigiamo verso Urgup passando per il bel paesino di Atsalu. Ci sistemiamo all'hotel Surban, particolare, in una casa ottomana con camerette simili alle celle dei monaci carino e pulito. Lasciamo il merlaccio in albergo a leccarsi le ferite provocate dalla doccia fredda e passeggiamo per il paese; ci sono un mucchio di turisti (molti italiani) e prezzi di conseguenza, stiamo arrivando verso casa e si vede.
17 maggio - Giovedì - Urgup - 50 km
- bella giornata-
Diario
Il merlaccio stamani è guarito, si è svegliato per primo tutto pieno di macchioline rosse, ma vispo come una lucertola marzolina. Facciamo colazione in una grotta e quindi con due motociclette andiamo a Goreme. Saltiamo il museo all'aria aperta perché non è giornata, ma entriamo pagando 1 milione nella Kale di Ortahisar. Nella valle sottostante comperiamo una valigia di piatti da esposizione di peso equivalente alla cucina abbandonata, il cantoniere ci guarda perplesso ed in un momento di sconforto acquista quattro piastrelle ornamentali pesantissime, cose da sollevatore di pesi bulgaro. Proseguiamo per la valle delle lacrime ma sentendo il richiamo del mezzogiorno facciamo lo sbaglio di chiedere informazioni ad un gruppo di turchi. Uno sale sulla moto del dottore e ci vuole portare da un cugino ad Avanos, ma ha fatto male i conti, noi lo portiamo ad Urgup e lo scarichiamo nella piazza principale con una stretta di mano. Mangiamo il minestrone nella pentola di coccio e quindi un pisolino in albergo. Nel tardo pomeriggio passeggiamo per il paese tra le viuzze e le casette scavate nel calcare, dopo un pò il cantoniere inizia a preoccuparsi, indossa la basetta pensierosa e ci precede di 20m. per cercare la via d'uscita dal labirinto. Doccia per tutti, ma avendo dimenticato a casa il Viacal iniziano a manifestarsi le prime incrostazioni calcaree. A cena in paese da Han Cergan, pelati ma soddisfatti ritorniamo in albergo.
18 maggio - Giovedì - Urgup - Egirdir 409 km
- bella giornata -
Diario
Bella giornata per tutti, ma non per il merlaccio che si alza con il becco mogio mogio; finalmente, dopo colazione leggera, riesce a salire in moto e così partiamo per Konya. Il paesaggio è monotono a parte la visione in lontananza del vulcano Erciyes o monte Argeo (3916 m.). Dopo Konya affrontiamo la strada dei laghi il primo non è nulla di speciale e ci arriviamo dopo due passi a m.1460 e m. 1520 tra boschi di conifere. Pranziamo in una lokanta con distributore serviti da Gimmi Bornia in persona che ci propina un pesciolone decollato e fritto, piatto leggerissimo! In prossimità del secondo lago la strada diventa sinuosa e panoramica, ma nella discesa al merlaccio si raffreddano le penne, e così per ripararci finiamo per caso nella splendida cittadina di Egirdir dove, in una linda pensioncina (Gul Pansyon 30 milioni) situata nell'isolotto in mezzo al lago, cerchiamo di ricuperare forza e spirito. Cena al Melody, in riva al lago al lume di candela con pesciolini e birrette ad una cifra irrisoria (10 milioni). E quindi una passeggiata sul ponte che collega alla terraferma per telefonare alle nipotine del cantoniere. Sull'altro lato dell'isola ci sono dei motociclisti francesi con delle Enfield, cerchiamo di interrogarli ma hanno un pò di puzza sotto il naso, e così ci ritiriamo nella nostra casetta.
19 maggio - Sabato - Egirdir - Chios - 587 km
- bella giornata -
Diario
Al mattino nella veranda troviamo una gradita sorpresa, una colazione megagalattica, la migliore di tutto il viaggio. Ci apprestiamo alla partenza e ci salutano come se partissimo per il servizio militare, anche la cicciona della pensione accanto ci saluta con il fazzoletto. La Gul Pansyon ci è rimasta davvero nel cuore. Superiamo Isparta e ci fermiamo per fotografare alcuni campi di tulipani, a noi sembra un fiore un pò fuori stagione, ma il cantoniere ha il pollice verde e non ammette discussioni; solo al ritorno Francesca, orientalista di fama ci svelerà l'arcano: erano campi di papaveri da oppio. (foto 66 kb) Arriviamo a Pamukkale e non apprezziamo le cascate senza acqua, molto meglio un viaggio nella nostra Saturnia, un pò meglio la necropoli di Hierapolis, con tantissime tombe come a Staglieno. Paghiamo 4 milioni a testa e dopo un breve giro abbandoniamo delusi e abbordati dai fastidiosi procacciatori degli hotel. Ci dirigiamo verso Izmir, il caldo è insopportabile, e dobbiamo anche tirare il cantoniere con la corda perché non ne vuole sapere di accelerare; pensavamo già di prendere l'aspettativa di due mesi dal lavoro per attenderlo. Arriviamo a Cesme per le 18, e poiché c'è un traghetto alle 18,30 ed il posto non ci aggrada lasciamo l'Asia per Europa ma a caro prezzo 210 $, pagati con carta di credito ma in lire turche con un tasso di cambio da night. Usciamo da questo labirinto ed entriamo in un traghetto formato famiglia; il cantoniere sistema male la moto ed ecco allora intervenire l'incredibile Hulk ellenico, che sotto lo sguardo attonito dei presenti, alza la moto di peso e la sposta. In Turchia le formalità doganali sono sbrigative, mentre all'arrivo in Chios dopo un'oretta, ci mettono in quarantena in un serraglio e controllano l'attrezzatura da doccia del cantoniere. Cambiamo un pò di soldi e non trovando camere usiamo la cena al ristorante come ultima risorsa. Mangiamo i gommini, contrattiamo con una signora, paghiamo e facciamo la doccia regolamentare quasi fuori tempo massimo. Sembra tutto tranquillo, ma presto ci rendiamo conto di essere vicini al capolinea del 13 - il giro del Fullo - ! Ecco il fatto: tutti gli abitanti del paese a bordo di terribili e rumorosissimi motorini a 2,3,4,5 tempi passano davanti alla nostra camera, fanno il giro di un grande parcheggio a lato e ci ripassano davanti tirando tutte le marce fino alla staccata finale. Il tutto si protrae fino alle 3, il merlaccio disperato si chiude nel bagno a piangere.
20 maggio - Domenica - Chios -100 km
- bella giornata -
Diario
Sveglia con il sole già alto e sul terrazzo troviamo pane fresco, latte e marmellata, ed un fumante caffè, tutto merito del merlaccio che finito di piangere si è messo subito di buona lena per prepararci la colazione. Oggi è in programma il semi periplo dell'isola. Prima tappa Nea Moni sito inserito nel World Heritage List, posto tranquillo, attualmente in fase di restauro con una splendida vista sul mare. Proseguiamo alla ricerca di una spiaggia e ci ritroviamo sui monti a Avanatos con casette di pietra arroccate. Per le 13 siamo finalmente sulla spiaggia in una baia nascosta seduti su sedie di paglia all'ombra a mangiare un buon pesce. Puntiamo verso il mare e ci ritroviamo in montagna al punto di partenza, pian piano sbrogliamo la matassa e ad Aghia Fothini ci stendiamo sulla spiaggia a scaldare le ossa. Al tramonto passiamo dalla barista fidanzata del merlaccio che ci pela per bene. Per cena andiamo al ristorante per farci nuovamente pelare, ma al momento del conto il cantoniere si ricorda di essere anche MacCanto, indossa la basetta scozzese e riesce a farsi dare la mancia dal gestore.
21 maggio - Lunedì - Chios - 56 km
- bella giornata -
Diario
Oggi il Merlaccio che conosce bene l'isola ci porterà alla scoperta della vera Chios; infatti dopo km di avanti e indietro finiamo in una spiaggia con pietre, alghe e moscerini, in confronto Celle Ligure è il paradiso terrestre. L'acqua è però pulita ma il merlaccio è l'unico che ha il coraggio di bagnarsi le penne per ben due volte. Verso sera rientriamo nella città e dopo aver acquistato i biglietti per il Pireo, 120 $, dopo lunga ricerca troviamo la taverna più vergognosa di tutta la Grecia, neanche il cantoniere che ha mangiato tutti i suoi gommini è contento. Partiamo in orario con ressa furibonda per l'imbarco, quando danno il via alle moto sembra la partenza di una gara di motocross, con il merlaccio che si destreggia come una ballerina ed arriva tra i primi al parcheggio. Ci sistemiamo nella cabina dove il cantoniere è l'unico a fare la doccia regolamentare, subito dopo arriva il quarto inquilino cui abbiamo lasciato un letto in soffitta ed un bell'ambientino con stivali e calzini ovunque: peggio del Lecce-Torino all'arrivo di Portanuova.
22 maggio - Martedì - Pireo - Patrasso 225 km
- semicoperto -
Diario
Sveglia alle 5, confusione in cabina e l'inquilino riesce a scendere dalla sua cuccetta solo dopo in nostro sbarco al porto del Pireo. Ansiosi ci dirigiamo verso Corinto, dove per una squallida colazione ci pelano come giapponesi. Passeggamo quindi avanti e indietro sul ponte che attraversa il canale con il Canto che ci erudisce con considerazioni tecniche, prende appunti, fotografie e ci illustra il suo progetto del ben più ardito canale del Brisco. Il merlaccio è invece pensieroso e si domanda: cosa ci fà uno di Bosio che patisce le vertigini alle 8 del mattino con freddo e leggera foschia sul canale di Corinto? Ripresa l'autostrada senza risposte alla domanda, l'abbandoniamo quasi subito perchè qualcuno senza fare nomi si stava addormentando alla guida. Il paesaggio della costa non è dei più suggestivi ma l'acqua è limpidissima. Arriviamo a Patrasso e troviamo un traghetto che parte subito Blu Star I°, nave nuovissima e passaggio in cabina a 132.600 Dr in tutto. Saliamo a bordo ed il Cantoniere inflessibile ci perquisisce e ci sequestra tutte le dracme e così siamo costretti a tirare la cinghia tutto il giorno; solo dopo cena, controllato il malloppo, diventa più generoso e ci lascia bere qualche Ouzo ma piuttosto che darci le monetine per giocare alle slot machine, elargisce mance a tutti i camerieri e ci regala, impietosito, una bottiglia di acqua naturale per la notte.
23 maggio - Mercoledì - Ancona - Novi Ligure km 487
- coperto -
Diario
Nella notte piove, ma tutto si aggiusta per il nostro arrivo, solito impatto negativo con il traffico delle nostre strade, non è ancora Giugno e abbiamo già finito tutte le nostre ferie! Riusciremo ad arrivare indenni al 2002? Speriamo in bene, anzi in meglio.