- MiloViaggi - 2010
I Viaggi dei Cantomerli - Turchia
Gita in turchia
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Partecipanti:
- Cip Cip: fiscalità, sciarpe, valigia
- Il Bruco: cassa, sgombro, riposini
- Il Cantoniere: gommini
- Il Merlaccio: auto
Anche quest’anno, dopo un lungo, nevoso e non ancora finito inverno, siamo pronti per la primaverile gita familiare. Libera dai numerosi impegni si aggiunge a dar brio alla combriccola la vivace Cip Cip la quale, meglio conosciuta come “ Licia Colò della Malvicina”, viene automaticamente eletta Capospedizione, il tutto con gran sollievo del Bruco che cede volentieri i gradi.
Giornata universale della coda Dopo una piccola colazione da Traverso affrontiamo la gobbuta strada per la Malvicina e preleviamo direttamente dalle mani della signora Angela il nostro Capospedizione e la sua valigia. Con il bagagliaio a tappo ci spostiamo al G3 dove dobbiamo decidere se caricare il Bruco o la sua borsa; fortunatamente, grazie anche al Cantoniere che ha un passato da magazziniere, riusciamo ad imbarcare ambedue, anche se un po’ pressati. Dopo una piccola riflessione decidiamo di arrivare a Malpensa attraverso l’A7 e la tangenziale, un percorso alternativo che percorriamo sotto la pioggia e che ci fa risparmiare la bellezza di 3 km. Una volta in aeroporto prendiamo subito contatto con il nuovo volto dell’Alitalia: in particolare notiamo il nuovo nome e la lunghezza della coda al check-in che ora serpenteggia per tutto il Terminal. Superiamo poi il labirinto di transenne per il controllo dei passaporti e non ci facciamo mancare neanche un po’ di fila al bar per i panini (buoni) e per le pizze (grame). Nel frattempo tra una faccenda e l’altra, vediamo una ricarica telefonica da 50€ disperdersi nell’etere: che sia quella del Bruco?!? Naturalmente anche l’orario di partenza è molto flessibile, ma ormai siamo rassegnanti e non ce la prendiamo più. Alle 20, ora locale, atterriamo all’aeroporto Ataturk d’Istanbul ed in dogana, sempre per tenere alta la media, il Merlaccio sceglie il casello con il poliziotto più meticoloso del mondo che gli controlla anche le impronte digitali dei piedi. Finalmente saliti in taxi arriviamo, toccando punte di 150 km orari, all’hotel Titanic, comodo per l’aeroporto di Sabiha Gökgen. Se non fosse per il caldo infernale aiutato dal malefico gommino proteggi materasso che ci fa dormire in un sudario, potremmo affermare che l’hotel in questione è uno dei migliori da noi frequentato, dotato di camere accoglienti con chaisse-long, computer, tv LCD 40’, frigo pienissimo, kit per la colazione, vassoio di frutta mista, maliziosa vetrata sulla megadoccia fasciata di marmo, pub e finissimo ristorante notturno con cucina a vista.
Domenica 29-03-2010
Giornata universale della coda Dopo una piccola colazione da Traverso affrontiamo la gobbuta strada per la Malvicina e preleviamo direttamente dalle mani della signora Angela il nostro Capospedizione e la sua valigia. Con il bagagliaio a tappo ci spostiamo al G3 dove dobbiamo decidere se caricare il Bruco o la sua borsa; fortunatamente, grazie anche al Cantoniere che ha un passato da magazziniere, riusciamo ad imbarcare ambedue, anche se un po’ pressati. Dopo una piccola riflessione decidiamo di arrivare a Malpensa attraverso l’A7 e la tangenziale, un percorso alternativo che percorriamo sotto la pioggia e che ci fa risparmiare la bellezza di 3 km. Una volta in aeroporto prendiamo subito contatto con il nuovo volto dell’Alitalia: in particolare notiamo il nuovo nome e la lunghezza della coda al check-in che ora serpenteggia per tutto il Terminal. Superiamo poi il labirinto di transenne per il controllo dei passaporti e non ci facciamo mancare neanche un po’ di fila al bar per i panini (buoni) e per le pizze (grame). Nel frattempo tra una faccenda e l’altra, vediamo una ricarica telefonica da 50€ disperdersi nell’etere: che sia quella del Bruco?!? Naturalmente anche l’orario di partenza è molto flessibile, ma ormai siamo rassegnanti e non ce la prendiamo più. Alle 20, ora locale, atterriamo all’aeroporto Ataturk d’Istanbul ed in dogana, sempre per tenere alta la media, il Merlaccio sceglie il casello con il poliziotto più meticoloso del mondo che gli controlla anche le impronte digitali dei piedi. Finalmente saliti in taxi arriviamo, toccando punte di 150 km orari, all’hotel Titanic, comodo per l’aeroporto di Sabiha Gökgen. Se non fosse per il caldo infernale aiutato dal malefico gommino proteggi materasso che ci fa dormire in un sudario, potremmo affermare che l’hotel in questione è uno dei migliori da noi frequentato, dotato di camere accoglienti con chaisse-long, computer, tv LCD 40’, frigo pienissimo, kit per la colazione, vassoio di frutta mista, maliziosa vetrata sulla megadoccia fasciata di marmo, pub e finissimo ristorante notturno con cucina a vista.
Lunedì 30/03/2010
Finalmente alle 3,30 giunge la liberatoria sveglia che ci trova più stanchi di prima, così in piena notte e con i bagagli al vento ci mettiamo in viaggio per Sabina Gökgen. L’aeroporto è piccolo ed ordinato ma offre ben poche distrazioni per cui, dopo esserci accomodati nella sala d’attesa, ci mettiamo in stand-by. Alle 6,00 apprendiamo la nuova procedura del carico bagagli dove il passeggero deve riconoscere la propria valigia nella catasta ammucchiata davanti all’aereo ed indicarla agli addetti, i quali senza troppe attenzioni la mettono da parte, il Cantoniere, felicissimo di questo sistema, dà già perso per sempre il suo bellissimo bagaglio. La conferma di ciò arriva a Kayseri dove il nastro gira semivuoto e le poche valige presenti forse risalgono ad un volo di tre settimane fa. Tutto torna a posto quando un poliziotto ci accompagna dai nostri amati bagagli parcheggiati per sbaglio nella stanza accanto. Belli contenti usciamo in strada dove ci dovrebbe essere un’auto ad attenderci. Guarda e riguarda d’auto non se ne vede e siccome abbiamo scelto l’Europcar, l’unica compagnia di noleggio a non avere l’ufficio sul posto, dobbiamo sollecitare telefonicamente, sommando altri 45 minuti d’attesa ai già molti nel carniere. Mente guida il Merlaccio pensa: il sale non l’abbiamo sparso, lo specchio non l’abbiamo rotto, non è venerdì 17, come mai tanta sfiga?!? Appena giunti in Cappadocia facciamo sosta ai primi pinnacoli dove i tenui colori del panorama rilassano gli animi e cancellano le fatiche. Risollevati acquistiamo qualche piccolo souvenir e facciamo rotta per Goreme. Stavolta siamo ben messi: il Traveler Cave Hotel è scavato nella roccia, molto accogliente e suggestivo, con personale simpatico e gentile, il Bruco vorrebbe trasferirsi per sempre ma purtroppo le crêpes e forse anche la sacher sono finite e deve rinunciare al suo sogno. Dopo una doccia con riposino andiamo in centro per il primo kebab, poi visitiamo l’open Air Museum, molto bello, piene di chiese scavate nella roccia e affrescate. Proseguiamo in auto per i villaggi di Cavusin, Zelve ed Aktepe. Svoltiamo a destra e dopo 2 km ci ritroviamo nella straordinaria valle di Devrent detta anche “Valle dei camini delle fate”. Questi bizzarri coni vulcanici di colore rosato si trovano in molte valli della Cappadocia, ma qui sono meglio delineati e a gruppi più fitti. Raggiunta la cima del crinale scattiamo le foto e svoltiamo ancora a destra per Ürgup, abituale luogo di vacanza del Merlaccio, del Dottore e del Cantoniere. Controllato che il Surban Hotel sia sempre al suo posto, saliamo al punto panoramico per una bella vista dall’alto; passeggiamo poi in centro, soprattutto intorno al tipico Hamman dove, nonostante la pressione del Cantoniere, non entriamo perché intanto torniamo tra qualche anno. Il Merlaccio passa anche a salutare il gestore del simpatico ristorante Kardesler, famoso per gli stufati cucinati nell’argilla e serviti nella mollica di pane: i Tandir. Memori della passata esperienza non ci facciamo tentare da questa delizia e ripieghiamo nel vicino e finissimo Ehlikeyf Restaurant dove mangiamo cose buone per 109 ytl. Durante la passeggiate digestiva spicca la grande padronanza della tecnica dello stand-by da parte del Bruco poiché durante questa difficile attività riesce anche a camminare. Rientriamo poi con calma a Goreme per chiudere questa lunghissima giornata.
Martedì 31/03/2010
Rigenerati da una buona dormita facciamo colazione con del pane fresco abbrustolito come quello della nonna e litri di caffè. Cip Cip, sempre attivissima finisce per prima perché ha un improvviso appuntamento con il W.C. Dopo esserci messi tranquillamente in marcia verso Nevsehir ci fermiamo al caravanserraglio d’Agzikaramani che troviamo chiuso e abbandonato a se stesso; fatte le foto a tutte le pietre e alla nonna con il nipotino proseguiamo sconsolati per la valle d’Ihlara. A Ziga, presi dai morsi della fame, ci sediamo ai tavoli in riva al fiume del Gule Gule restaurant dove gustiamo ottime carni alla brace ed il raro kebab al tegame. Dopo un buon pranzetto la miglior cosa da fare è un po’ d’attività sportiva, così ad Ihlara, senza pensare alla titanica impresa di risalita, scendiamo i numerosi gradini che portano in fondo al Canyon dove, secondo Cip Cip, pare ne diano due per un paio. La grande attrazione consiste nella visita di chiese scavate nella roccia e affrescate (belle ma già viste) ed una lunga passeggiata sul corso del ruscello (cosa che evitiamo accuratamente di fare). In un bagno di sudore, ci spostiamo a Kaymakli per vedere la città sotterranea: pare sia bellissima, forse la cosa più bella della Turchia, ma noi ce la potremo solo immaginare poiché essendo in ritardo troviamo l’ingresso chiuso. Di passaggio di nuovo ad Uchisar, stavolta da sotto, ci fermiamo per le foto e l’acquisto delle rarissime piastrelle, (ad Albisola le fanno uguali) e chiacchierando con la gente del posto veniamo a conoscenza dell’agiata vita dei detenuti turchi, tanto che il Bruco, che stava liberando il vecchio dromedario legato qui dai tempi di Alessandro Magno, rifà i nodi e sale svelta in auto. Lavati e riposati andiamo a cena nell’elegante ristorante “ A’ laturca”, secondo le guide il migliore di Goreme, il quale vanta camerieri poco discreti, cibo pessimo e in fine, il logo della Lonely Planet stampato sul menù. Usciamo senza lasciare la mancia e con la promessa di fare due righe a chi di dovere. Caffè al triste Flintstone Cave bar e a letto.
Mercoledì 01/04/2010
Lasciato l’hotel per le 10 ci dividiamo in due squadre: il Merlaccio e il Cantoniere a provare l’Hamman, Cip Cip e il Bruco a valutare acquisti. A mezzodì ci riuniamo per il regolare kebab e poi facciamo visita al piccolo paese di Mustafapasa. Noto con il nome di Sinasos, Mustafapasa era, sino alla Prima Guerra Mondiale, un insediamento greco-ottomanno e tuttora beneficia del suo passato con belle abitazioni scavate nella pietra e diverse chiese rupestri. Proseguiamo per Kayseri percorrendo una strada d’altura con molti tratti sterrati e suggestivi panorami. Giunti sulla superstrada evitiamo un incidente solo grazie alla prontezza di riflessi del Cantoniere. Punto di partenza per la Cappadocia, Kayseri vanta una storia recente di grande successo; qui sorge, infatti, una vivace industria manifatturiera in continua espansione, fonte di benessere della città. Non basando la propria prosperità economica sul turismo offre ai visitatori un’atmosfera tranquilla senza troppi venditori assillanti. Noi, del poco tempo disponibile che abbiamo, ne usiamo parecchio per riuscire a parcheggiare in centro. Entrati nella cittadella fortificata dai muri di basalto, attraversiamo il bazar, che non essendo turistico, vende roba utile e accettiamo l’aiuto di un distinto signore per la ricerca di qualcosa da mangiare. Aiuto come sempre non disinteressato poiché ci porterà in un piccolo bar che di cibo ha scarsa scelta, ma è ubicato molto vicino ad un negozio di tappeti di sua conoscenza. Ci congediamo senza aver acquistato nulla e, fatto il pieno dell’auto, raggiungiamo l’aeroporto. Naturalmente a ritirare il mezzo non troviamo nessuno, così stessa procedura della consegna: telefonata, attesa, ecc. ecc. Sbarcati ad Istambul per le 23, raggiungiamo con 40 minuti di taxi l’appena messo a nuovo, Hotel Bizantinium, nel quartiere di Sultanahmet. Viste le camere Cip Cip e il Bruco si infuriano e bruciate le scale, terrorizzano l’addetto alla reception minacciando pressioni alle alte sfere: poiché stiamo cinque notti vogliono camere più grandi e con vista sulle moschee, come mostrava il depliant. Purtroppo per stasera non si può fare niente: domani si vedrà. Non soddisfatte della protesta fanno visita anche alle camere di due Hotel vicini, ma quello bello è pieno, mentre l’altro non era di loro gradimento. All’una e mezza ci ricordiamo di avere fame così entriamo al Magnaura restaurant dove nonostante l’ora mangiamo cose buone e fini (zuppa, calamari, verdure grigliate e birre per tutti). A letto subito dopo una bella doccia notturna alle due e mezza.
Giovedì 02/04/2010
Ci svegliamo sfiniti dalla solita sauna notturna e andiamo al breakfast nell’apposita sala imbiancata stanotte. Cip Cip e il Bruco, vere macchine da guerra, dopo aver visitato altri 3 hotel senza risultato, riescono ad ottenere due camere con vista sulle moschee e terrazza per il drink ( che vista la temperatura non useremo mai) al costo di un’esagerate riduzione dei metri quadrati a disposizione e il letto contro il muro su i due lati; nonostante ciò le nostre due eroine riescono a sistemare perfettamente i bagagli creando un bell’ambiente, comodo e spazioso. Usciti dal hotel prendiamo confidenza con la città visitando la Moschea Blu, la quale deve il suo nome alla tonalità delle migliaia di maioliche che ne compongono il rivestimento interno. Messe le scarpe nell’apposita borsa, possiamo entrare, ma solo dalla porta sud, la principale è per i fedeli. L’interno appare senza fronzoli con quattro grandi pilastri a forma di zampa da elefante per sorreggere la cupola, spessa moquette su tutto il pavimento, enorme spazio centrale per la preghiera e 260 colorate finestre, forse opera di artigiani veneziani. Per fare il paio attraversiamo i giardini, dove facciamo conoscenza con Ali Babà, ex clown del Circo Medrano ora in pensione ed entriamo nella Moschea di Santa Sofia. Costruita dall’imperatore romano Giustiniano, rimase la chiesa più grande di tutta la cristianità sino alla conquista ottomana del 1453. Ancora oggi rimane uno dei più grandiosi edifici del mondo dove convivono simboli e atmosfere delle due religioni. A pochi passi dalla Moschea si trova la Cisterna Basilica. Giustiniano la costruì nel 535 per rinfrescarsi ma venne a poco a poco dimenticata. Riscoperta nel 1545, grazie alle esplorazioni dello studioso Petrus Gyllius, è forse il monumento più suggestivo della città. Lunga 143 metri e larga 65, con il tetto sostenuto da 336 colonne, conserva nel pavimento mezzo metro d’acqua abitata da numerosi pesci, e deve buona parte del suo fascino ad un’indovinata illuminazione e alle due colonne sostenute da teste di medusa rovesciate poste all’angolo nord-ovest. Nel pomeriggio comincia a piovere, così abbandoniamo il Bruco al mercato delle spezie e ci togliamo la voglia di provare un vero Hamman. Essendo turisti D.O.C. la scelta cade sul più famoso: il Cagaloglu, comparso anche in alcuni film. Il Cantoniere e il Merlaccio, scoraggiati dall’inesperienza e dai bicipiti dei massaggiatori acquistano ad orecchie basse il pacchetto base che, a parte una sudata non comprende nulla; Cip Cip, donna di mondo, nonché allieva di Bravheart, sceglie il completo con sauna, lavaggio, massaggio, ecc. ecc. Dopo il trattamento rientriamo sparsi in hotel e troviamo il Bruco che riposa: è stanca perché ha fatto il giro della città in taxi, ma di quello che ha visto, nulla ci rivela. Anche noi ci rilassiamo un po’ con un aperitivo e poi usciamo per il solito impegno serale, la lunga ricerca di un locale dove cenare. Dopo 6 km di saliscendi entriamo nell’antico ristorante Altin Kupa dove mangiamo per niente bene e a caro prezzo. Mai più.
Venerdì 03/04/2010
Stamane visiteremo quella che fu la residenza di Selim l’ubriacone, di Ibrahim il Pazzo e di Rossellana la Perfida, ovvero il palazzo Topkapi. Pagate le 10 ytl per l’ingresso, ne aggiungiamo poco dopo altre 15 per inserire nella visita anche l’Harem. Girando da una camera all’altra trascorriamo tutta la mattinata in questa lussuosa abitazione dove le piastrelle azzurre e gli intarsi di madre perla sono decorazioni all’ordine del giorno. Pezzo forte della visita sono soprattutto le sale del tesoro dove spicca, con i suoi tre giganteschi smeraldi incastonati sull’impugnatura e l’orologio sul pomo, il Pugnale del Topkapi. Stanchi e affamati ci spostiamo nella zona dei traghetti e ci saziamo con i pesanti panini con lo sgombro cucinato direttamente sulle barche, accompagnati da un bicchierino di sottaceti acquistati ad un carro ambulante. Dopodiché facciamo l’obbligatoria uscita in battello sul Bosforo con il Merlaccio che, preso dalle sue stanchezze, dorme per tutto il tempo. Di nuovo a terra veniamo assunti quasi a forza come clienti di uno dei tanti bar della passeggiata da dove assistiamo ad una frenetica gara tra baristi: vince chi riesce a far sedere ai propri tavoli il maggior numero di persone. Naturalmente come in ogni locale per turisti che si rispetti le consumazioni sono care e poco curate. Va la sorte che a Cip Cip venga servito un the sbagliato, errore che porterà all’attenta revisione del conto con discussione e restituzione di un centesimo di lira turca. Poco più tardi vediamo un bel secchio di animaletti sospetti: sono sanguisughe, il venditore vedendoci interessati, propone al Cantoniere un’applicazione di prova, ma il nostro eroe, diffidente come al solito e forse basso di pressione, scortesemente non accetta. Con il calare della sera rientriamo per le vie dei negozi e dopo un riposino ceniamo al comodo Magnaura Restaurant.
Sabato 04/04/2010
Oggi dedichiamo la mattinata alla visita del Bazar. Dal punto di vista architettonico è bello da vedere, ma offre ormai ai visitatori solo souvenir di qualità dozzinale. Dopo averlo girato in lungo e in largo e aver lasciato il nostro contributo, usciamo in strada alla ricerca di un ristorante. Attratti dalla pulizia dei vetri, scegliamo una paninoteca locale, dove il cibo è talmente cattivo che lo lasciamo praticamente tutto. Poco più avanti Cip Cip compra dei pesciolini da passeggio che invece si rivelano ottimi; dopo aver pescato un po’ tutti dal suo cartoccio, abbandoniamo il nostro capospedizione nella caotica zona di Camberlitas e scendiamo al mare. La strada è molto inclinata, almeno al 15% ed il disordinato traffico s’incastra senza sosta. Siccome lo stomaco è ancora vuoto (solo il Bruco era riuscito a mangiare qualcosa) e le gambe un po’ stanche, il Cantoniere e il Merlaccio si concedono il lusso di due costosissime banane per recuperare le forze e per poter raggiungere il molo. Seduti su una panchina osserviamo il Bosforo e contiamo 12 pescatori, 52 navi in rada e 4 battelli cappottati. Poi con i colli sferzati dal vento rientriamo in hotel. Intanto Cip Cip dove sarà?!? Mah!! La giornata è ancora lunga quindi, sistemato il Bruco sottocoperta, andiamo al Cemberlitas Hamami a provare il pacchetto completo di lavaggio e massaggio. L’ambiente è più caldo del solito ed anche più frequentato. Quando il Cantoniere, campione di pulizia, vede, per via del vigoroso sfregamento, i rotoli di sporco uscire dalla sua pulitissima pelle esclama: “è impossibile che siano miei, ce li ha messi il massaggiatore!!”. Supertonificati, riuniamo la famiglia ed andiamo di nuovo al vicino Magnaura Restaurant, il quale, oltre ad essere comodo, è sicuramente quello che ci soddisfa di più. Stasera inoltre, il Bruco e la sua bistecca alla fiamma diventano l’attrazione del locale, Cip Cip invece attizza il fuoco e prende accordi per un futuro da cameriera. Paghiamo il conto con un bello sconto e dopo un rilassante giro in tram, andiamo a letto.
Domenica 05/04/2010
Ci svegliamo presto per visitare il sobborgo di Beyoglu, cuore della moderna Istanbul, ma siccome qualcuno è senza trucco, qualcuno senza fard, come al solito usciamo tardi. Saliti in tram, scendiamo dopo il ponte di Galata e a piedi per una rapidissima e suggestiva via acciottolata, raggiungiamo l’omonima torre. Costruita nel 1348, era il punto più alto delle fortificazioni genovesi. Saliamo con l’ascensore al vertiginoso balcone panoramico, dove ci aspetta una spettacolare visita a 360° sull’intera città e purtroppo sulle numerose parabole satellitari, accessorio ormai indispensabile per far parte dell’Europa unità; il Cantoniere non resiste e comincia a contarle, ma a 835.000 si ferma e dice: “ basta, sono troppe!!”. Di nuovo con i piedi a terra passeggiamo per lunga e vivace via centrale che, per gente e negozi, ricorda tanto quelle di casa nostra, ed intanto cerchiamo un ristorante per il pranzo. Lo troviamo nella trasversale via dei pesci dove, appena seduti, il cameriere rompe il menisco al Bruco; per scusarsi le offrirà un piattino di ottime cozze fritte subito mangiate dal Merlaccio e dal Cantoniere. Sazi, imbocchiamo a piedi la via del ritorno soffermandoci a lungo sul ponte di Galata che di giorno è continuamente affollato da un flusso costante di abitanti di Istanbul che vanno da Beyoglu ad Eminou, nonché da una lunga fila di pescatori e da una processione di venditori ambulanti. La giornata è ancora lunga per cui parcheggiamo il Bruco in hotel ed andiamo a rilassarci all’Hamman. Seduti a sudare in angolo, osserviamo il vergognoso traffico di mance praticato dai massaggiatori. Sappiamo ormai che Cip Cip, con il sorriso dell’innocenza stampato sulle labbra, è capace di ottenere qualunque cosa: oggi ad esempio riesce a stare un’ora in un bagno turco e poi a farsi restituire metà dell’ingresso pagato con la scusa che non era di suo gradimento. In serata torniamo a Beyoglu ed entrati per cena in un ristorante a caso, ordiniamo dei piatti ma, con grande disappunto del Cantoniere ne arrivano altri, in più scopriamo la curiosa abitudine di arrotondare il conto alla cifra decimale maggiore; purtroppo per il gestore la cassa comune è in mano a Cip Cip, la quale, odiando questi comportamenti, si impunta e paga solo il dovuto. Dopo il passeggio digestivo con pausa per un the e un dolce pesantissimo saliamo in taxi per il rientro in hotel. L’autista sembra non conoscere la strada e si ferma più volte a chiedere informazioni (ma sarà già stato ad Istanbul?!?); infine a destinazione raggiunta il tassametro segna 13,75 ytl e lui arrotonda a 15 ytl. Andiamo a letto esausti.
Lunedì 06/04/2010
Ultimo giorno. Dopo aver parcheggiato i bagagli alla reception, ci accordiamo per la giornata: il Merlaccio e il Cantoniere a spasso in tram, il Bruco e Cip Cip a salutare tutti i bottegai del bazar. Preso atto che non tutte le auto gialle sono taxi, veniamo a sapere che, per via dell’arrivo di Obama, la città è bloccata; compreso il bus del hotel che ci avrebbe portato in aeroporto. Avendo Cip Cip con noi, non ci preoccupiamo più di tanto, infatti, in poco tempo risolve il problema ingaggiando un taxista esperto in percorsi alternativi. Dopo aver messo 50 lire nella tasca segreta del Bruco, ci separiamo. Saliti in tram, scopriamo che la periferia è enorme e non finisce mai. Al capolinea torniamo indietro sino al ponte di Galata e sul molo, su cui ci mangiamo due piatti di calamari e uno sgombro cucinato da pescatori. Rientriamo a piedi, passando per il mercato delle spezie e attraverso lunghe vie in salita giungiamo al Gran Bazar. Siccome abbiamo i soldi contati e non vogliamo più cambiare, per i nostri bisogni fisiologici andiamo da Starbuck, stando ben attenti a non consumare nulla. Alle 15.15 siamo in hotel, Cip Cip ed il Bruco sono già lì che pressano gli ultimi acquisti in valigia. Puntuale alle 15.30 arriva il taxista che, con lunghi giri ci porta in aeroporto. Al pagamento ci accorgiamo che non ci sono più le tasche di una volta, infatti, la banconota da 50 lire messa da parte si è rimpicciolita in una da 5. Dopo attimi di panico e affannose ricerche di monete nascoste, ci tocca consegnare i pochi spiccioli risparmiati per l’acqua, e saldare il conto in euro. Superato poi con qualche difficoltà, per colpa di un pugnale nascosto, il controllo delle valigie, ci piazziamo nelle sedie dove, con grande naturalezza, il Bruco ci mostra una banconota da 5 lire: dove l’avrà presa?!? Mah!! Comunque, grazie a quella ed al ricavato della vendita dei gettoni del tram, il Cantoniere riesce ad acquistare due bottiglie d’acqua per il viaggio. Decollati in ritardo e solo dopo l’atterraggio degli Air Force One, facciamo rotta verso casa, ognuno di noi assorto nelle proprie cose: il Merlaccio guarda il buio dall’oblò, il Cantoniere fa il sudoku, il Bruco traffica tra i bagagli e Cip Cip scrive pensieri.